Le mafie hanno stretto un patto sociale con i cittadini. Quali sono i progetti del governo per contrastarle?

Impressiona la dichiarazione pronunciata dalla Presidente della commissione antimafia Rosy Bindi. Impaurisce e dà fastidio. Eppure dice una verità. Camorra, 'ndrangheta e Cosa nostra governano e controllano da tanto tempo pezzi d'Italia: ne hanno determinato spazi, tempi, stili di vita, valori, paure. Insomma tutto ciò che concerne l'esistente.
Poteva utilizzare la Presidente Bindi un'altra espressione per descrivere tutto questo? Sì. Ma la sostanza purtroppo non cambia, come spiega benissimo anche Franco Roberti, il procuratore nazionale Antimafia.
E allora concentriamoci sulla sostanza invece di aprire polemiche strumentali che puntano solo a banalizzare le questioni con la solita difesa d'ufficio dei cittadini che vivono in quelle terre di mafie. Preoccupiamoci piuttosto di liberarli quei popoli invece di assolverli per assolvere noi stessi. Deborah Cartisano - figlia di Lollò Cartisano fotografo di Bovalino sequestrato e ucciso dalla 'ndrangheta per aver denunciato i suoi estorsori - mi disse che negli anni Ottanta non era stato "sequestrato" solo suo padre, ma l'intera Locride.
Da allora cosa è cambiato? Tanto, ma non abbastanza. Perché le mafie continuano a sottrarre territori, occupare potere politico ed economico, stringere patti sociali con i cittadini. Ed è su quest'ultimo punto che la politica sana deve sentire il peso più grande del suo fallimento: quando i cittadini ripongono maggiori speranze nella criminalità organizzata, in tutte le forme che essa può assumere, le istituzioni hanno perso inesorabilmente.
Oggi il governo ha delle responsabilità enormi. La lotta alle mafie non si fa solo legiferando norme cosiddette "antimafia": ben vengano 416 ter e leggi anticorruzione, ma il contrasto a quel patto sociale che determina il consenso delle mafie e le fa diventare elemento costitutivo delle città lo si distrugge se si mettono in campo politiche di fuoriuscita dal disagio.
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