Fed non alza i tassi. Rinviata ancora la prima “stretta”

La banca centrale statunitense ha lasciato il costo del denaro invariato al minimo storico. La politica monetaria espansiva avviata durante la crisi finanziaria sarà interrotta solo quando "si saranno visti ulteriori progressi nel mercato del lavoro e l’inflazione sarà tornata verso il suo obiettivo del 2%"

La Federal Reserve ha rinviato ancora una volta la “stretta” suitassi di interesse. Il Federal Open Market Committee, braccio monetario della banca centrale statunitense, ha deciso di mantenere il costo del denaro invariato al minimo storico, tra lo 0 e lo 0,25 per cento. La decisione era attesa dagli analisti ed era stata di fatto anticipata dai mercati. Che hanno chiuso le ultime sedute in forte rialzo, scommettendo sul fatto che la Fed non avrebbe nemmeno stavolta messo la parola fine alla politica monetaria espansiva messa in campo a partire dal 2007, in piena crisi finanziaria, per favorire la ripresa. Un’inversione di rotta appariva improbabile alla luce del rallentamento dell’economia cinese e delle turbolenze finanziarie di quest’estate. Alzare i tassi, infatti, avrebbe significato rendere più costoso l’accesso al credito, frenando gli investimenti, e mettere in difficoltà i Paesi ex emergenti oggi in crisi, dalla Russia al Brasile. La decisione non è tuttavia stata presa all’unanimità. A votare contro è stato Jeffrey Lacker, il presidente della Fed di Richmond, che spingeva per un aumento di 0,25 punti.
La Fed, nel suo comunicato, sottolinea che l’attuale livello del costo del denaro “resta appropriato” e che “sarà appropriato alzare i tassi quando si saranno visti ulteriori progressi nel mercato del lavoroe quando l’inflazione sarà tornata verso il suo obiettivo di medio termine del 2%”. L’economia globale e gli eventi finanziari “potrebbero frenare l’attività dell’economia Usa”, che “si sta espandendo a un ritmo moderato”, “in parte riflettendo il calo deiprezzi dell’energia“. Non a caso la Fed ha rivisto le stime di crescita per il 2015 al 2,3%, contro il 2,5% previsto a giugno. Ilsettore immobiliare Usa “è migliorato ulteriormente” e la spesa delle famiglie e gli investimenti fissi “sono aumentati moderatamente”. Tuttavia, fa notare la Fed, le esportazioni nette “sono deboli”.
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